BUON NATALE A TUTTI

LE SPUGNE DI MATTEO

La guerra era cessata da poco e in quel paese marinaro della Sicilia ci si procurava da mangiare l’oggi nell’incertezza che lo si sarebbe potuto fare domani.

Di guerra se n’era vista poca. Quelle che si soffrivano adesso erano le conseguenze di tale tragedia.

Matteo era il più grande di sei figli, ne aveva 14 di anni, aveva sempre lavorato.

Era stato costretto a contribuire a mantenere quella famiglia che, per l’epoca, nemmeno poteva ritenersi fra le più numerose.

Aveva fatto la terza elementare e aveva imparato a far di conto; con i numeri era molto dotato, aveva per essi una particolare disposizione.

In quei giorni che precedevano il Natale c’era particolarmente freddo. Per la Sicilia poteva senz’altro parlarsi di condizioni eccezionali infatti Matteo, certi Natali, li aveva trascorsi con il sole.

Quell’ inverno, però, più cose sembravano non andare nel verso giusto: Matteo si chiedeva se non fosse più povero dell’anno prima ad esempio. Non che l’anno prima fosse in condizioni floride, non ricordava, però, che la madre lo avesse spronato a portare a casa un po’ di soldi per fare la spesa per il Natale.

Se n’andava spingendo un carrettino carico di spugne per una stradina del paese rimuginando queste cose quando, preso dai propri pensieri, non si accorse di una macchina ferma sul ciglio della strada e vi sbattè contro riducendone in frantumi un faro.

Stava pensando di scappare quando alle sue spalle sentì la voce stridula di una donna che diceva:” “malacunnutta” mi hai distrutto la macchina”.

La riconobbe, era la moglie del suo datore di lavoro per conto del quale curava quelle spugne.

Non aveva mai avuto per lei molta ammirazione in quanto, secondo lui, si atteggiava a grande signora senza esserlo, sempre elegante truccata e altezzosa.

Balbettò: “non l’ho fatto apposta”.

Manco finì la frase che quella signora disse: “ti riconosco, tu lavori per mio marito. Vedrai dovrai pagare i danni fino all’ultima lira”.

Matteo alzò gli occhi al cielo come per dire: “ma pure questa doveva capitarmi ora. Ma questo è veramente un anno disgraziato. In paese ci saranno una cinquantina di macchine e proprio una di queste doveva trovarsi lì, e proprio quella di quella “signora””.

Dovete sapere, intanto, che le spugne venivano pescate, poi lavate, sbattute e fatte asciugare prima di essere pronte per l’uso. Prima di iniziare questo procedimento venivano custodite in un posto sicuro e segreto nell’acqua di mare per mantenersi morbide.

E questo doveva fare Matteo quel giorno.

Visti gli eventi però, pensò di passare prima dal suo datore di lavoro per farsi pagare la “settimanata” temendo che la moglie arrivasse prima e lui non avrebbe avuto la possibilità di avere i soldi per la spesa di Natale.

Andò all’ufficio di don Gasperino (così si chiamava il “padrone”) e gli chiese di pagarlo.

Questi gli rispose che in quel momento era occupato in altre cose e che non aveva tempo per lui.

Gli disse di tornare la sera.

Matteo si sentì perso. Cosa avrebbe raccontato alla madre che aspettava piena di speranza? E se il faro fosse costato più della ”settimanata” avrebbe dovuto lavorare senza essere pagato?. E per quanto tempo?.

Intanto si avviava nel posto segreto dove venivano custodite le spugne; vi arrivò e fece quanto doveva.

Riprese il carrettino vuoto e si recò di nuovo da don Gasperino.

Aspettò un bel po di tempo e poi entrò.

Cosa vuoi”? gli chiese don Gasperino, per caso vieni per soldi?.

Matteo pensò: “ ecco sa tutto sono fregato”.

Devo fare i conti del faro della macchina che hai rotto prima. Torna dopo” aggiunse bruscamente.

Il mondo parve crollare addosso a Matteo. Nel frattempo era calata la sera, si era fatto buio, e mentre camminava, Matteo immaginò di vedere la madre, le quattro sorelle e il fratello in lacrime, tristi perché non avrebbero potuto passare un decente Natale.

Realizzò che questa era una grande ingiustizia e che Gesù, che sarebbe nato di lì a poco, non poteva permetterlo.

Come un’illuminazione capì cosa doveva fare.

Corse dove erano le spugne, le prese le mise sul carrettino e andò a venderle ad uno che conosceva e che sapeva non andare troppo per il sottile.

Passò dal macellaio e comprò sufficiente carne di maiale per fare il ragù; dalla pasticceria e comprò i cannoli ( tanto le tradizionali “sfince” le avrebbe fatte sua madre); dall’osteria e comprò un fiasco di vino; dal panettiere il pane e dal pastaio la pasta.

Col suo fardello natalizio andò a casa e fece felice, per quella volta, i fratelli e i genitori.

Lui si sentiva un poco in colpa per non avere agito nel migliore dei modi.

Ma era consapevole che lo aveva fatto per non subire un’ingiustizia ed era sicuro che da “lassù” lo avrebbero perdonato.

Adesso Matteo è un brillante imprenditore (commerciante di pesce e armatore) e a Natale non dimentica mai di dare da mangiare ai più bisognosi.

MIMMO (Palidori)

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Risposte a questa discussione

Bene Mimmo ,
chissà se qualcun altro a da scrivere un racconto di Matale?
Un abbraccio
Ros
Complimenti, bel racconto, toccante. Auguri a te e alla tua famiglia

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