Non sarò breve. Mi sono concesso una pausa di scrittura, dovuta a fatti che esulano dal bridge e dal nostro quotidiano mondo.
Vorrei proporvi una riflessione e due piccole amenità. La riflessione è dovuta alla catastrofe che si è verificata nei caraibi. Forse perché sono amante più dei silenzi che delle grida, mi danno da pensare le tante immagini dolorose che invadono le tv e i giornali, e mi piace immaginare che, alle sensazioni che suscitano , corrispondano dei fatti, nel tempo, quando il clamore della notizia si affievolisce.
Intendo un modo di essere che forse può essere illustrato dal racconto che segue,intitolato “LA MAMMA DEL TASSISTA”
Non è solo l’onestà che colpisce, è la costanza. La costanza nel voler fare a tutti i costi la cosa giusta. Mukul Asudazzaman è un tassista bengalese a New York City. Una pensionata italiana, Felicia, dimentica sulla sua vettura i 21.000 dollari che devono finanziare il viaggio transoceanico dell’intera tribù familiare. Possibilità di rivederli?, domanda affranta alla polizia. Sottozero, signora. Alla fine del turno Mukul trova il tesoro sul sedile posteriore. Conta i soldi dieci volte, perché così tanti non ne ha visti mai. E nel contarli trova un indirizzo di Long Island, ottanta chilometri di tangenziale. Ci torna tre volte, prima di incontrare qualcuno. Ore e ore di vita, e almeno un pieno di benzina. La costanza. Anche nel resistere alle tentazioni.

Finalmente gli aprono. È una parente, alla quale il bengalese - buono sì, mica scemo - non dà i soldi, ma un biglietto per la loro proprietaria: «Non preoccuparti, Felicia, li terrò al sicuro io». Felicia torna a casa e pensa, nell’ordine, a uno scherzo, a un ricatto, a un miracolo. Decide di rischiare e chiama Mukul. Il tassista ripercorre un’altra volta gli ottanta chilometri e consegna i 21.000 dollari all’italiana. Lei ne toglie mille dal mucchio per darli a lui, che li rifiuta e quasi si offende. «Quando avevo cinque anni mia mamma mi disse: sii onesto, lavora sodo e salirai di livello». Poi non va sempre così. Ma di sicuro si sale: se non nella carriera, nella considerazione di se stessi. Grazie alla mamma di Mukul per quel che ha insegnato. E grazie a Mukul per come lo ha imparato.
La seconda amenità è dovuta a una ricerca sulle parole famose, che sono diventate dei “must” nel linguaggio universale. Parole che sono state pronunciate in occasioni più disparate. Alcune tragiche (come nei fatti di questi giorni) altre che hanno suscita ilarità o rispetto , oppure sono state ricordate per originalità.
“mi chiamo Bond. James Bond!
”doctor livinstone? I suppose!
..eppur si muove
Veni, vidi, vici
Lei non sa chi sono io…
Sono solo alcuni esempi di frasi famose, e mi ricollego all’ultima per raccontare una perla di BBO.
Torneo , primi tavoli, un opponente dichiara a livello 4 un colore quarto (le fiori) e per una pura….combinazione, essendo forse un..sensitivo, trova una canasta di fiori dal partner. Alle mie perplessità sulla sua dichiarazione mi scrive :
“ IO SONO PRIMA PICCHE…LO SAI?

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Commento da mimmo - PALIDORI su 16 Gennaio 2010 a 12:33
Caro Cesare,
come sempre le tue riflessioni fanno......................riflettere.
Dalle mie parti si dice: "fai beni e scordatillu, fai mali e pensaci" (fai bene e dimentica, fai del male e non scordarlo mai).
Un abbraccio
Mimmo (PALIDORI)
Commento da Liana su 16 Gennaio 2010 a 0:54
Ero presente: ebbene sì!! Era un sensitivo :)
Un abbraccio Cesare

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