C'è un'operazione interiore che si fa poche volte nella vita. Di solito non è piacevole. Non tutti la fanno, che io sappia; o meglio, la fanno senza rendersene conto. Per compierla devi essere un po' triste,ma non depresso; devi avvertire un disagio, ma non vero e proprio dolore.
Devi essere lucido,sereno, nè ottimista nè pessimista; ma soprattutto devi essere sincero con te stesso. Sul momento ci si guadagna poco; ma poi c'è un valore aggiunto in termini di verità che è
durevole nel tempo.
Consiste in questo: bisogna prendere l'immagine che si ha di se stessi,il giudizio radicato sui propri comportamenti nei confronti degli altri, l'intero repertorio delle cose che si fanno, si desiderano, si intraprendono.
Poi bisogna inserire nel contesto l'ipotesi che quell'immagine non sia vera.
Non è come vedersi allo specchio, ma come passare se stessi ad uno scanner. Ciò che al principio si perde in termini di obiettività si recupera nella disponibilità di tutte le informazioni, comprese quelle dimenticate, o rimosse..
Più frammenti disordinati si inseriscono, più ci si avvicinerà alla verità quando tenteremo di ricomporli. Il risultato non sarà mai completo, da soli è quasi impossibile riuscirci, si rischia di essere troppo severi o troppo indulgenti.
Ma l'importanza risiede nel processo, non nel prodotto finale.
Le conclusioni che si raggiungono sono sorprendenti.
Di esse, una delle più importanti è la rimozione degli alibi che ci creiamo per dare un senso alle situazioni rendendole accettabili e non lesive del nostro prestigio, del nostro orgoglio, ovvero dell'immagine
A, quella da cui siamo partiti. Che utilizziamo per superare un momento difficile, o per affrontare un ostacolo, o semplicemente per compiacerci.
Facile pensare che sia sempre tutta colpa degli altri, se qualcosa non procede come deve, o come vorremmo. Se sbagliamo , se siamo sconfitti, se scopriamo realtà diverse da quelle attese,
c'è sempre qualcuno che non ci capisce, e quindi non è alla nostra altezza.
O è solo diverso da noi, ma naturalmente il nostro lato è quello migliore.
Le nostre intenzioni sono sempre cristalline, quelle degli altri sono ambigue, oscure.
Noi siamo sensibili, generosi, sinceri; gli altri sono freddi, ciniici, egoisii.
I nostri problemi sono seri, quelli degli altri no.
Se vinciamo, l'avversario è forte.
Se perdiamo, l'avversario bara, quindi non doveva giocare al nostro tavolo . Se gli altri sono in difficoltà, noi siamo disponibili, perché siamo buoni, e il nostro aiuto sarà sempre prezioso: un regalo ovviamente inestimabile, di cui saremo ringraziati. Se siamo noi nei guai, l'aiuto degli altri è dovuto, ci serve come il pane, ma naturalmente non è necessario, magari ce l'avremmo fatta da soli.
Se abbiamo un problema, è sempre qualcun altro che ce lo ha procurato; altrimenti non lo avremmo.
Naturalmente, tutto queste cose possono essere vere. Ma non sempre lo sono, e non lo sono perchè lo diciamo noi.
O più spesso, la verità sta nel mezzo.
Ecco, a volte, dentro lo scanner, ricompare con evidenza la natura autodifensiva ed autoassolutoria di quanto sopra.
E' difficile, perchè la semplice accettazione della realtà delle cose è sempre un'offesa all'ego, quando le cose non sono quelle desiderate.
Siamo un po' come degli incensurati che vivono avendo cura di procurarsi sempre un alibi a disposizione, nel caso qualcuno dovesse imputarci un reato.Ciò significa ammettere che in realtà siamo incensurati solo perchè ci assolviamo da soli. Prima o poi, cosi, l'imputazione arriva per davvero.
Cosi scopriamo che spesso , semplicemente, i nostri errori e le nostre difficoltà sembrano meno frustranti, e quindi meno condannabili, se c'è solo la causa esterna che le ha provocate. Dire che noi stessi sappiamo farci del male è peggio che lamentarsi delle offese altrui. Perchè nel secondo caso, siamo forti,intelligenti, ma sfortunati. Siamo vittime di qualcosa o di qualcuno. Ma nel primo caso siamo deboli, incerti, e neppure tanto svegli.
La negazione a posteriori dei sentimenti umani è una diretta conseguenza di quanto sopra.
Manifestando amicizia, affetto, o amore, sappiamo in partenza di investire qualcosa di noi stessi. Ma è molto raro riuscire a farlo senza riserve e senza la richiesta di contropartite o di garanzie. Per cui, se l'amico ci tradisce, o ci delude, allora non era mai stato amico .
Se affetto o amore non sono ricambiati, li si può riprendere indietro, come se in mani altrui fossero refurtiva. Il giorno dopo, negheremo di avere amato, di aver professato amicizia, di aver speso affetto.
E questo ci risarcirà, ma mai del tutto, perché risarcisce l'orgoglio, non l'anima.
Fino al giorno, appunto, in cui semplicemente accetteremo la realtà delle cose.
Provandone forse un senso di frustrazione e di sofferenza. Ma riguadagnando la verità che rende liberi.
Abbandonando lo specchio attraverso il quale siamo abituati ad osservare ed ammirare noi stessi.
di Rodmap alias Vincenzo Ciampi
ciao a tutti
Rosalba